Monday, October 26, 2009

La mia generazione.

Dei giovani si parla spesso attraverso i casi limite. Ciò non basta perché c’è una vasta fascia di giovani italiani rinchiusi al sicuro delle pareti domestiche a risparmiare con il pensiero fisso di qualche droga leggera.
La generazione del 68’ leggeva Sartre e Pasolini quando questi autori erano ancora in vita. Il fuoco culturale è bruciato, si è estinto, ed i tizzoni si sono dispersi.
E ai loro figli è toccato di osservare le ciniche ceneri spente.
Le lezioni che i sessantottini hanno appreso dalla vita, le hanno trasmesse ai propri figli per metterli in guardia dai pericoli che riserva questa società: leggere Sartre all’università non ha mai aiutato nessuno a trovare un lavoro sicuro, anzi, il contrario. E’ impossibile mantenere un lavoro se continuamente ci si chiede il perché delle cose. E senza soldi non sei nessuno e non puoi fare nulla. I sessantottini hanno sperimentato quanto sia difficile e pericoloso ribellarsi e, per esperienza hanno consigliato ai figli di non farlo perché non si ottiene granchè e le conquiste ottenute dal gruppo non incoronano il singolo.
Hanno odiato i limiti e non se la sono sentiti di indicare una direzione ai figli perché hanno confuso educazione con autoritarismo. L’istituzione scuola è stata abbattuta; la religione massacrata da brillanti filosofi. Sconvolta l’arte tramite la sperimentazione totale e la rimessa in gioco di tutto.
E poi? E dopo?
Dopo si invecchia, e non è più tempo per sperimentare.
Come se tutto fosse stato fatto, distrutto, amato all’estasi quando erano ragazzi, ed ora tutto sia terminato. Non solo per loro, ma anche per i figli, i quali hanno mancato per un pelo la visione del paradiso.
I giovani della mia età (attorno ai 25 anni d'età) oltre ai viaggi sotto effetto di stupefacenti non hanno colto il messaggio che certi grandi personaggi del 68’ hanno provato a trasmettere, forse perché crescendo hanno constatato con i propri occhi come i genitori, dopo aver predicato bene in gioventù, non siano riusciti a evitare la corruzione dal denaro, e dalle ipocrisie, e un’esempio per un figlio vale mille parole.
Come i genitori, nostalgici dell’epoca d’oro che non tornerà, godendone i vantaggi senza aver mai lottato per ottenere nulla i figli sono vittime di un approccio cristiano cattolico al comunismo materialista di Marx, causa i vari compromessi storici politici tra ideologie largamente teorizzate, hanno le idee estremamente confuse, e giudicano, fanno, credono ad istinto o per moda o per umore.
Non sono assolutamente pronti ad affrontare la realtà, dalla quale sono ben protetti, cercandone principalmente l’evasione o qualche incombente responsabilità che li obblighi verso una totale dedizione al lavoro e che non li faccia definitivamente cadere nelle droghe; nel dubbio spesso scelgono una sopravvivenza pacifica e antiviolenta. Alla loro vita pratica non coincide un pensiero di classe, né una “lotta di classe”, parola priva di un significato ormai, giacchè anche i sindacati in Italia sono istituzionalizzati, (che ottengano o non ottengano i diritti per il proletario).
John Stuart Mill nel 1700 constatava come fosse comune che un individuo gridasse un qualsiasi motto senza intenderne minimamente il significato.
Così era nel 1700, così era nel 1968 e così è tutt’ora.

Barattoli.

Io e te,
esseri umani in fuga
Sbattiamo le porte della sfiducia
in faccia al prossimo.
Ci nascondiamo in cantina
A inghiottire le nostre colpe come ciliegie mature
Non chiudiamo più occhio,
riempiamo serbatoi
di solitudine
e con l’avanzo dei nostri sogni,
imbarattoliamo marmellate.

E sul domani?


Ultimo scorcio d'estate



L'incubo ci precede. Agosto'09

(A Roberto, che è guarito)

Le giornate scivolavano mute.
Arrostiti e salati sulle spiagge d’agosto,in fondo siamo bravi e buoni.
Quei giorni là scivolammo nell’orrenda vasca melmosa che si finge vita.
Sopravvissuti soltanto per ributtarci a bagno nel paradiso sbuffante piacere oltre il domani incerto,
e a pancia sotto sulla sdraio .
A passeggio sul ponte che lega nulla e bel niente, io e Roberto trotterellavamo. Lui inciampa e si frattura l’intestino.
Una striscia di sabbia si macchia di viola, e inputridisce.
Quel pezzetto avrebbe sporcato lui e tutto il suo mondo. Da quell’attimo…Fontaine Dante Berlino Dumas Valencia, la sua vita fu meravigliosa. Ora è baciato dalle siringhe, accarezzato da educati primari, allattato da sacche di glucosio e flebo.
Ci coricammo assieme tre notti. Ingrossammo le trincee coi cuscini, ci armammo di lacci emostatici. La prima notte azzittimmo gli spiriti della vecchiaia. Scarni anziani fuggivano nudi e sgocciolavano feci e piscio nei bui labirinti. La seconda notte, la malattia tamburellava nei suoi occhi spaventati. Chiedeva di entrare mentre incubi si reincarnavano in me, compagna fedele. Poi la luce solare mostrò orgogliosa le sue pinete e l’infiltrarsi della speranza.
L’operazione accadde, mostrando le mani fini di un dio scienziato. La terza notte regnò il silenzio qui tra i resuscitati. E da quel giorno Roberto ed io ci abbeveriamo alla palude dell’incertezza. Da quel giorno costruimmo palafitte di saggezza e poi zattere di cinismo, salvagenti gonfiati a singhiozzi permisero di attraversare l’oceano.
Arrivammo di là sfigurati, ma salvi.

L'estate che finisce.





Agosto 2009