Tuesday, July 28, 2009

2007 Arte Fiera a Bologna.

Il quadro della situazione.
E relativa cornice.

Te ne accorgi presto che non si tratta solo di arte contemporanea, che in quel “contemporanea” è intrinseco il senso della realtà per intero. Perciò non parlare di arte pura nè di natura, perché di questo se ne occupano gli artisti esclusivamente nelle loro opere.
Dimenticati la giustizia e Van Gogh, lo sforzo e l’impegno, anche quello sociale, ma soprattutto scordati la verità detta e l’onestà verso te stesso e verso i tuoi lavori, se non vuoi essere presto sorpassato da un qualcuno meno motivato, meno cosciente di sè, meno umanista, tutto volto al denaro e in perfetta sintonia con questo luogo, una fiera per l’appunto, dove l’arte è finalmente monetizzata, e tu, artista emergente, artista innocente, cerca di non sentirti proprio un pesce fuor d’acqua, perché questo non è l’inferno, ma l’unico paradiso che puoi sognare su questa terra, il luogo di trapasso per la professione di artista affermato.
Perciò cammina a testa alta ed atteggiati a ricco collezionista se vuoi ricevere per un attimo l’attenzione del gallerista o del critico, la cui stronzaggine è direttamente proporzionale alla potenza. Armati di faccia da culo, chiedi indirizzi email senza far perdere a nessuno più di tre secondi, ed è inutile che trascini per i padiglioni il caro portfolio, faticosamente confezionato.
-Questa non è la sede- è la risposta che già conosci.
Bene, allora, dai un occhiata alle opere, vedili un po’ i lavori di questi artisti (ancora) in vita.
Di emozione ce n’è poca, quando c’è è intensa. Molto cervello, sorprese, quadri che da lontano ti sembrano niente e poi ti avvicini e vedi quell’elemento che ti fa sobbalzare in un’esclamazione.
E se te li comprassi e portassi a casa dovresti proprio farla vedere ai tuoi amici collezionisti che sorpresina, quest’arte contemporanea! Che effetti!Quanta tecnologia, che ironia, una scienza!
A volte invece ti scappa una risatina di puro divertimento davanti certi piccoli schermi con performance di critica sociale imbellettata, uno sbuffo di noia davanti alle ultranoiose riprese ultraripetute. Davanti qualche opera potresti arrivare anche a chiederti “Perché?” nel senso più vasto dell’interrogazione. Per risposta ci sono sicuramente libri e cataloghi a bizzeffe da leggere, se ne avrai il tempo, la voglia e il denaro per comprarli.
Tanta presunzione d’attualità, ultrapop, pop e ripop, tant’astrazione sentita e no, tanta arte da mozzare il fiato, tanta da dimenticare appena usciti. Due immensi padiglioni, le galleriste vestite di nero come nei films anni ottanta.
Con uno sguardo sanno quanto hai in tasca, pregano di essere pagate con un assegno, e che non venga chiesto loro lo sconto, per favore.
Ti fanno attendere anche dieci minuti per il solo biglietto da visita se stanno parlando con un probabile acquirente.
E poi, dopo tanti giri, dopo ore ed ore d’immagini e sculture, quando sei proprio rincoglionito da tutta quest’arte e cominci a pensare di mangiartele le opere che tanto costa troppo un altro panino al bar, cerchi affannosamente una panchina perchè vorresti addormentarti e pensi a come sarebbe se il mondo fosse questo e il valore dell’arte e del bello fosse questo per tutte le persone che conosci, per quelli della pizzeria sotto casa e della famiglia, e se questo non fosse un microcosmo chiuso dentro sé che mentre trasuda espressività, forza e cultura, può solo sopravvivere di denaro.

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