Tuesday, July 28, 2009
Scritti 2007.
Dracula a colazione.
Ma che sguardo pieno di mielosa bontà cristiana. Ti fanno capire quanto è necessario il tuo sangue a quel paziente lassù nel reparto, e poi ti fanno stendere coperta d’attenzione come neanche a chirurgia. Ti chiedono –E allora, come va? Non è che svieni?- No, che non svengo, rispondo io ridendo. Dieci minuti e te l’hanno ciucciato mezzo litro di sangue e mentre tutti si sentivano buoni e si preparavano al paradiso con il sorriso sulle labbra, io ostentavo noncuranza chiedevo di leggere il giornale, e la vedevo proprio come una questione di egoismo invece, insomma, se fosse capitato a me di averne bisogno del sangue, non vorrei che poi non ce ne fosse abbastanza. E finito il prelievo cominciano a chiederti cosa vuoi mangiare, cosa vuoi bere, caffè? E ti mettono nelle mani panini al prosciutto giganteschi e cappuccini e tu pensi peccato che si possa donare solo una volta ogni tanto che verrei tutte le mattine qui, in questo strano ambiente, coccolato da mani estranee.
Mi alzo lentamente ma il calo di pressione si sente, mi ristendo e sto altri dieci minuti ad aspettare tra le battutte e la preoccupazione generale. Si raccomandano che io non svenga in corridoio. Ma per quando mi sono alzata la stanza si è riempita di gente a cui gira la testa, alcuni vanno proprio nel panico, mi vietano di guardare il mio sangue e mi chiamano Laura, come fossimo amici di vecchia data. E mi chiedono cosa vuoi, un altro caffè?
Mica ne posso prendere tre questa mattina. Un po’ d’aria fresca, invece, una bella passeggiata in questo caro ospedale, che mi ha così gentilmente privilegiata, coccolata e adulata, mi ci faccio un giretto cercando in anticipo la porta della medicina del lavoro dove mi spettano cinque tipi di visite gratuite programmate nella stessa mattinata.Le rimando, una gioia crogiolarsi nel sistema sanitario italiano quando funziona, mi capita raramente di dire :-Grazie, per fortuna sono in Italia-
Ma che sguardo pieno di mielosa bontà cristiana. Ti fanno capire quanto è necessario il tuo sangue a quel paziente lassù nel reparto, e poi ti fanno stendere coperta d’attenzione come neanche a chirurgia. Ti chiedono –E allora, come va? Non è che svieni?- No, che non svengo, rispondo io ridendo. Dieci minuti e te l’hanno ciucciato mezzo litro di sangue e mentre tutti si sentivano buoni e si preparavano al paradiso con il sorriso sulle labbra, io ostentavo noncuranza chiedevo di leggere il giornale, e la vedevo proprio come una questione di egoismo invece, insomma, se fosse capitato a me di averne bisogno del sangue, non vorrei che poi non ce ne fosse abbastanza. E finito il prelievo cominciano a chiederti cosa vuoi mangiare, cosa vuoi bere, caffè? E ti mettono nelle mani panini al prosciutto giganteschi e cappuccini e tu pensi peccato che si possa donare solo una volta ogni tanto che verrei tutte le mattine qui, in questo strano ambiente, coccolato da mani estranee.
Mi alzo lentamente ma il calo di pressione si sente, mi ristendo e sto altri dieci minuti ad aspettare tra le battutte e la preoccupazione generale. Si raccomandano che io non svenga in corridoio. Ma per quando mi sono alzata la stanza si è riempita di gente a cui gira la testa, alcuni vanno proprio nel panico, mi vietano di guardare il mio sangue e mi chiamano Laura, come fossimo amici di vecchia data. E mi chiedono cosa vuoi, un altro caffè?
Mica ne posso prendere tre questa mattina. Un po’ d’aria fresca, invece, una bella passeggiata in questo caro ospedale, che mi ha così gentilmente privilegiata, coccolata e adulata, mi ci faccio un giretto cercando in anticipo la porta della medicina del lavoro dove mi spettano cinque tipi di visite gratuite programmate nella stessa mattinata.Le rimando, una gioia crogiolarsi nel sistema sanitario italiano quando funziona, mi capita raramente di dire :-Grazie, per fortuna sono in Italia-
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