Tuesday, July 28, 2009

Scritti 2008: Io ed il lavoro.

C’è chi crede mi piaccia cambiare lavoro spesso. Pochi sanno dell’insicurezza che guida ogni mio gesto, anche il più semplice, anche solo mangiare è complicato quando il mondo attorno a te ruota e cerchi di ascoltarne il sibilo. Alcuni sanno quanto sia facile per me apparire completamente idiota allo sguardo esterno, non è capitato una sola volta di dare questa impressione. E’ come se la gente facesse la staffetta passandosi di mano in mano la stessa opinione. Lungo gli anni l’uno nell’orecchio dell’altro sussurrano aggettivi alle mie e alle loro orecchie:-Buffa, strana-e questa voce continuamente mi raggiunge, liberata nell’aria dalla bocca di una faccia sempre diversa, con un grado di insistenza ogni volta differente, ma sempre lo stesso tono tra il sorpreso ed il canzonatorio.
Mi posso trovare in un ristorante a fare la cameriera, a sistemare i libri negli scaffali, incasellata in una posizione qualsiasi della società, ma mai in quella giusta, ed un gigantesca mano di bambino obeso preme su me per farmi partecipare alla struttura del puzzle dove una dopo l’altra tutte le tessere si cammuffano per sembrare altre tessere. Si piegano e si rompono ed il puzzle non ha alcun disegno.
Ed è accaduto lo stesso anche qui a N.Y. dove la gente che cammina per la strada è sensibile, dove i pizzaioli amano fare la pizza, i camerieri sono soddisfatti della professione e c’è una percentuale di sognatori rincoglioniti come me, immischiata in tutto quel che concerne la ristorazione, da capogiro.
Ho scelto questa città anche per non sentirmi sola. A N.Y. non sarebbe sbagliato scegliere il cast per un film chiamando una ditta di catering. Centinaia di artisti goffamente travestiti da camerieri e baristi servono ai grandi party mondani. Nessuno più si occupa di occultare la bizzarra piega che ha preso la realtà e non sai mai se chi ti serve il succo di frutta è un genio della chimica o una futura star di Broadway, o magari il figlio di qualche potente politico, non sai se dire grazie o sentirti profondamente onorato.
Ma illustrare la mia personale realtà lavorativa è comunque raccontare un incubo. Un circolo ripetitivo di persone troppo semplici, intelligenze largamente addestrate e corpi umiliati dall’accondiscendente disinteresse della testa.
E in tutto questo il mio posto è sempre quello sbagliato perché per credere nel lavoro bisogna pensare a singhiozzi e credere di avere dei valori per questo, e mentire molto in profondità a sé stessi e avere come forza motrice della propria staticità una bella dose di vigliaccheria e terrore per il futuro.Allora quando sono lì vestita come un pinguino o con quel tipo di colore che solo a carnevale indosseresti mai e nella mano destra stringo un bicchiere di succo di frutta con ghiaccio e cannuccia, dopo essermi chiesta :-Perché?Perchè lo fai?-e la risposta non segue, mi dico:- Laura, fai finta di portare il succo di frutta alla signora laggiù.-Quale?
-Quella!
-Ma era proprio quella? Già non ricordo
-Dai, vai, sì, chiudi gli occhi dentro te stessa e portaglielo: lei pensa tu sia una cameriera!-e una volta di ritorno mi guardo complimentarmi con me stessa:
-Brava Laura!Vedi che non sei poi così rincoglionita come tanti pensano(e anche tu un po’ lo credi, non ti vergognare di ammetterlo), con il sorriso ad allungarmi le labbra:
-Vedi: ti danno il biscottino se porti il succo di frutta alla signora, lo vuoi o no il biscottino?
Ed ho già rifiutato il biscottino varie volte, scegliendo la brioche o niente.Segue la corsetta a perdifiato dalla mamma passando per i campi, trattenendo lungo il tragitto le urla di gioia, ma già pregustando la serata libera ed il brindisi con gli amici:
-Mi sono licenziata!-

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